Inventario
Oggetto
Max Ernst - Mer et soleil/ Sable marin
Data: 1926 - 1926
data
Indicazioni sul soggetto
Su uno sfondo realizzato a frottage, con la sottolineatura in fasce orizzontali, si accampano quattro forme circolari simili ad astri e pupille.
Tra il 1925 e il 1927 Max Ernst dedicò ai soggetti marini e astrali una cinquantina di tele realizzate con la nuova tecnica del "frottage". L'opera già di collezione Lucci, che porta la data 1926, fu esposta l'anno successivo a Bruxelles nella personale ospitata dalla galleria Le Centaure (SPIES Werner, 1976, n. 1003, p. 110; il dipinto è qui indicato come appartenente a collezione privata torinese dopo essere passato per la collezione di René Gaffé a Bruxelles, e per quella della Galerie Guillaume Campo ad Anversa). L'innovazione tecnica del "frottage" aveva conferito all'opera dell'artista tedesco, da qualche anno stabilmente attivo a Parigi, un'importanza primaria nel contesto delle ricerche condotte dal gruppo surrealista, impegnato a sperimentare tutte le possibili applicazioni del principio dell'automatismo. Essa consiste nel riportare le asperità e le linee-forza di una corteccia, di una pietra o di altra superficie naturale a rilievo su un foglio di carta ad essa sovrapposto, per poi riprendere e sviluppare attraverso interventi grafici l'immagine così ottenuta. Quando, nel corso del 1925, Ernst passò dal supporto cartaceo alla tela, e dall'uso della matita o del carboncino a quello del colore a olio, adottò anche la tecnica del "grattage", procedimento consistente nell'asporto mediante spatola dello spessore della materia cromatica e mirante ad evidenziare sul supporto un più ricco gioco di trame. I frottages"possono essere raggruppati in serie tematiche, tutte ispirate ai diversi aspetti del mondo organico. Nella serie cui è riconducibile questa tela, la reinvenzione fantastica del paesaggio arriva fino a toccare i territori dell'astrazione, riproponendo e aggiornando nella moltiplicazione delle forme circolari campeggianti su orizzonti marini la visionarietà simbolista di Odilon Redon. L'essere stata esposta tempestivamente nella galleria Le Centaure di Bruxelles, gestita dal critico ed editore P.G. Van Hecke, fa di quest'opera uno dei tasselli dei fitti rapporti che si andavano stabilendo tra il '25 e il '26 tra il già consolidato gruppo surrealista francese ed il nascente gruppo surrealista belga, rapporti di cui Ernst fu protagonista di spicco per quanto riguarda la parte parigina.