Inventario
Oggetto
Ambito Lombardo - La morte di San Francesco / San Francesco
Data: 1625 - 1649
analisi stilistica
Indicazioni sul soggetto
San Francesco, che indossa il saio in tela grezza, è raffigurato a mezza figura, con le mani giunte e il capo riverso all'indietro, apparentemente privo di sensi; alle sue spalle un angelo con le ali dispiegate lo sorregge. Sulla sinistra si intravedono un teschio e un ramo con un povero crocifisso in legno. Il dipinto ha toni cromatici prevalentemente bruni e i personaggi sono ritratti nella penombra, illuminati da una fonte luminosa fortemente incidente e proveniente dall'alto a sinistra.
Come le altre opere della collezione Masserano il dipinto fu alloggiato nei locali dell'Istituto Professionale "Q. Sella" di Biella prima dell'aprile del 1921 e quindi depositato presso il Museo Civico fra il 1939 e il 1942. In un elenco dei dipinti provenienti dalla collezione Poma-Masserano redatto dall'avvocato Ettore Pistono nel 1942 l'opera viene citata al n. 20 come "La morte di S. Francesco - attribuito a Guido Reni - 1500" e valutata lire 2.800. Dopo il restauro del 1974 è stata esposta a Torino nel 1978 quale copia da Morazzone della prima metà del secolo XVII (Musei del Piemonte..., 1978, p. 166), attribuzione confermata anche da Sciolla. Nel 1980 è stata schedata come attribuita al Morazzone, dando per certo un riferimento che anche nella precedente didascalia che accompagna una lastra fotografica era stato dato come dubitativo. Dal punto di vista iconografico e compositivo il dipinto appare confrontabile con l'"Estasi di san Francesco" del Cairo appartenente alla Pinacoteca del Castello Sforzesco a Milano (Francesco Cairo..., 1983, scheda 14 a pp. 108-109), databile agli inizi degli anni Trenta del Seicento. Di quella tela, come del "San Francesco" di Morazzone appartenente alla Pinacoteca di Brera ( Inv. N. 970), condivide l'impostazione ombrosa, improntata alla visione ascetica della religiosità tipica dell'epoca dei Borromeo. Le trasparenze e le "sottigliezze della superficie pittorica" di quel quadro sono tuttavia lontane dall'aspetto compatto e disegnato della stesura dell'opera biellese, i cui trapassi cromatici netti ricordano la tecnica di Morazzone. L'originale di Morazzone da cui il dipinto sarebbe derivato non è stato tuttavia identificato; sono al tempo stesso da rilevare alcuni punti di contatto fra la tela del Museo e l'attività giovanile di Stefano Daneda, detto il Montalto. In definitiva l'opera non deve essere ritenuta necessariamente una copia, anche se non ha trovato per ora convincenti riscontri in nessuna delle personalità note attive a Milano e in Lombardia nella prima metà del Seicento. La cornice è databile al secolo XVIII.