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Documento
Ditta di commercio Antonio Monti di Biella: quaderno dei "Libri diversi" e "Sfogliazzo"
Data: 1887
Data topica Biella
Il quaderno "Libri diversi" contiene il "Libro inventario", il "Libro magazzino", il "Libro effetti da esigere", il "Libro effetti da pagare", il "Libro delle scadenze" e il "Libro spese". Le registrazioni partono dal 1° gennaio e terminano il 15 maggio 1887.
Lo "Sfogliazzo" (acquistato presso la Libreria Flecchia di Biella) è un libro giornale con registrazioni dal 1° gennaio al 28 febbraio 1887.
Da "Eco di Biella" del 13 ottobre 2025 [articolo di Danilo Craveia]:
Antonio Monti, “meteora” commerciale alla fine dell’Ottocento
Una ditta di cui sono rimasti solo due piccoli registri contabili
Organzino, percalli e tela d’Olanda tra Biella, Londra e Marsiglia
E tra i tessuti, anche zucchero della Martinica e caffè di Mokha
La ditta di commercio Antonio Monti sembra essere una sorta di meteora. Nessuna traccia della sua esistenza, se non due quaderni di notazioni che ne definiscono il luogo di esercizio, Biella, e il tempo, qualche mese nella prima parte del 1887. Niente articoli o inserzioni pubblicitarie sui giornali, niente cause civili o penali, niente di niente. Solo i due “libri” che provano… Che cosa provano? Forse quello che fu un tentativo, magari non felice nell’esito, di avviare un’azienda. Se non un aborto, una morte in culla. Questo sembra di leggere tra le righe di quelle registrazioni. Eppure, il misterioso Antonio Monti comprava e vendeva, diversificava, aveva un “giro” non solo locale, ma anche nazionale e addirittura internazionale. Quella ditta di commercio… commerciava, intermediava, rappresentava. Tuttavia, null’altro per i posteri che non siano poche pagine manoscritte in bella grafia e in bell’ordine. Un segno sbiadito di un esercizio economico di poche settimane che si può considerare come il fermo immagine di una pellicola andata perduta, della quale non si conoscerà l’inizio né la fine. Chi era, poi, l’uomo Antonio Monti? Neppure questo è dato a sapersi. Un nome tutto sommato comune, non biellese, ma comune. Un nome di copertura, un nome falso, se fosse, la sua, una vicenda contemporanea. Ma nel 1887, a Biella, una identità fasulla avrebbe avuto poco agio a muoversi tra imprenditori, banchieri, rappresentanti, artigiani ecc., tutti più o meno noti ancora oggi. E allora? Allora non rimane che dare un’occhiata al quaderno intitolato “Libri diversi” e a quello indicato come “Sfogliazzo”. Il primo risulta un insieme di “libri”, per l’appunto, ossia di capitoli di contabilità tenuta con scrupolo. Il secondo, con un’etichetta acquistata dal libraio Flecchia in copertina, è un tipico giornale di cassa: entrate e uscite quotidiane. La più parte delle note va dal 1° gennaio al 28 febbraio 1887, ma per qualcuno dei “libri” si arriva alla metà di maggio. Sfogliare i due quaderni induce a colmare i vuoti con la fantasia, a spostare l’attenzione dai dati storici a supposizioni che sfiorano il romanzo. Dove, come, quando, perché…? Chi, cosa…? Le troppe domande senza risposta mettono un po’ a disagio: davanti e/o dietro a questa meteora c’è qualcosa che non va nell’orbita. Un dramma? Un incidente? Un’inspiegata interruzione di una traiettoria commerciale e umana troppo breve… Ecco il romanzo in agguato. Allora ci si può solo imporre un distacco da storici e limitarsi a leggere, senza immaginare. Antonio Monti si muoveva bene nel settore tessile. Al 31 dicembre 1886 inventariò il suo fondaco e trovò giacenti 2.000 chilogrammi di lana greggia (valore indicato: 4 lire al chilogrammo), 50 di organzino di Piemonte (100 lire per), 600 metri di panno nero (10 lire cadauno), 80 pezze di tela d’Olanda (70 lire l’una) e 50 percalli “nazionali assortiti” (60 lire). In tutto, 27.600 lire. Aveva denaro in cassa, crediti ed “effetti da esigere” che ammontavano a più di 85.000 lire. Il passivo era contenuto a neanche 18.000 lire, il che significava che i conti tornavano più che bene. Nel secondo semestre del 1886, Antonio Monti aveva avuto un guadagno netto di quasi 2.500 lire. Nelle prime settimane del 1887 era entrata altra lana (per lo più tramite il rappresentante Giovanni Peruzzi di Biella), ma tutte le scorte erano state vendute entro il 23 di febbraio e con un significativo ricarico. Gli ultimi 800 chilogrammi a “Giuseppe Sella” (ovvero il Lanificio Maurizio Sella?). Lo stesso Sella aveva acquistato 20 chilogrammi di organzino. Tutto il panno nero era stato ceduto a due grossisti ebrei, Vittorio Sacerdotti e Abramo Jona. A questi, per altre commissioni, si aggiungeva Sansone Vitale, israelita a sua volta. Vendite vantaggiose senza dubbio, ma che si possono interpretare anche come la necessità/volontà di svuotare il magazzino. Quest’ultima impressione può essere smentita dall’acquisto che Antonio Monti fece di 200 metri di “pannolana bigio” il 2 gennaio 1887. Dieci giorni dopo, però, la partita fu venduta interamente al citato Sacerdotti. Entro il 17 gennaio fu ceduta anche tutta la tela d’Olanda e così i percalli. Il cliente di maggior peso, per entrambi i tessuti, fu il rivenditore di telerie Giuseppe Aimone. Quest’ultimo fu anche l’acquirente di un lotto di 25 chilogrammi di seta greggia acquistata dal commerciante biellese presso tale E. Gabino di Torino. Come detto, Antonio Monti aveva una certa varietà merceologica. Il 4 gennaio si era procurato 1.500 chilogrammi di zucchero della Martinica tramite la ditta Fratelli Penna (droghieri in via Umberto, successori del noto negoziante Gerolamo Rebora, originario di Larvego, Genova). E una buona parte era stata venduta nel giro di qualche giorno. Anche il caffè di Mokha, pure fornitogli dai citati Penna (360 chilogrammi) era stato piazzato in toto il giorno di San Valentino ai negozianti di commestibili Fratelli Rovere. Nel mese di febbraio un’ulteriore acquisizione di flanella da Giuseppe Sella (480 metri), per un terzo già ceduti al volo a un non meglio identificato C. Cerruti. Stessa situazione per i percalli inglesi, anche questi “assortiti”, che Antonio Monti trovava sulla piazza di Londra grazie al commissionario Joseph Morton. Anche le note delle uscite testimoniano una certa salute aziendale. Il commerciante aveva affrontato delle spese per sistemare gli scaffali del magazzino (falegname Biasetti). Non certo il gesto tipico di chi vuol chiudere bottega. Aveva pagato i suoi commessi e, in particolare, aveva rimborsato il commesso Menini per gli anticipi versati alle poste. La cartolibreria Giacomo Mersi gli aveva fornito alcuni registri. Aveva corrisposto quanto occorrente alla moglie per le necessità domestiche e lui si era concesso un abito nuovo dal sarto Paolo Magnetti. Il giro d’affari di Antonio Monti si estendeva anche al di fuori di Biella. In realtà non aveva molti clienti all’esterno del Biellese, ma in qualche caso i suoi commerci andavano oltre. Si trattava di transazioni ad ampio raggio, basate su cambiali, con cui era possibile spostare merci e controvalori semplicemente usando la normale corrispondenza postale. In questo senso, il ruolo di Antonio Monti era soltanto quello dell’intermediario. Il mercante genovese Gustavo Franzoni aveva spedito a Daniele Carpi di Ivrea un cospicuo quantitativo di olio d’oliva. Il commerciante biellese, che aveva rapporti assidui col collega ligure, aveva ricavato una percentuale sulla compravendita. Il medesimo Carpi acquistò anche un discreto lotto di zucchero della Martinica. Su un palcoscenico di maggior scala va segnalato l’affare dei percalli forniti a Henri Dubois di Marsiglia. Antonio Monti si era rivolto al fidato Mister Morton di cui sopra per procurarsi i tessuti e l’operazione era andata a buon fine con una rimessa su tale Henry Griff girata a favore di Joseph Morton. Dando seguito a un altro ordine del citato Dubois, sempre per percalli, Antonio Monti aveva ricevuto un credito di 4.000 lire esigibile al 20 febbraio 1887 da un certo Filippi di Mantova. Tale documento fu girato a favore di un veneziano di nome Alessandro Salviati, verso cui evidentemente il cedente era in debito. Ancora percalli, ancora per Monsieur Dubois. Ricevuta la commessa all’8 gennaio, effettuato il 21 gennaio l’acquisto di 100 pezze di percalli “nazionali assortiti” dalla ditta Bozzalla & C.ia di Biella per 6.200 lire totali (valuta a due mesi), applicato il 2% di commissione più le spese di spedizione dei dieci colli in cui la merce era stata imballata. La ditta Bozzalla & C.ia di Biella era praticamente in liquidazione (nel suo stabilimento, proprio in quell’anno, sarebbero arrivati i Fratelli Cerruti, costituitisi nel 1881) e, in effetti, quell’unica registrazione la riguarda. Antonio Monti utilizzava come istituto di credito d’appoggio la Banca Biellese, banca d’affari dei Sella nata nel 1869. La Ing. Gaudenzio Sella era entrata in esercizio nel 1886 quindi era po’ “giovane” e la Cassa di Risparmio di Biella non offriva servizi utili ai commercianti del tipo di Antonio Monti. Di tutto questi traffici, di tutta questa attività, di tutta questa vita, non è rimasto alcun segno. Nei primi giorni di gennaio del 1895, un cadavere fu recuperato in una roggia del Novarese. Fu stabilito che la morte era avvenuta per cause accidentali. L’annegato si chiamava Antonio Monti ed era un mediatore. Era l’uomo di cui si è appena tentato il “ritratto” desunto da due libri di contabilità commerciale?
Lo "Sfogliazzo" (acquistato presso la Libreria Flecchia di Biella) è un libro giornale con registrazioni dal 1° gennaio al 28 febbraio 1887.
Da "Eco di Biella" del 13 ottobre 2025 [articolo di Danilo Craveia]:
Antonio Monti, “meteora” commerciale alla fine dell’Ottocento
Una ditta di cui sono rimasti solo due piccoli registri contabili
Organzino, percalli e tela d’Olanda tra Biella, Londra e Marsiglia
E tra i tessuti, anche zucchero della Martinica e caffè di Mokha
La ditta di commercio Antonio Monti sembra essere una sorta di meteora. Nessuna traccia della sua esistenza, se non due quaderni di notazioni che ne definiscono il luogo di esercizio, Biella, e il tempo, qualche mese nella prima parte del 1887. Niente articoli o inserzioni pubblicitarie sui giornali, niente cause civili o penali, niente di niente. Solo i due “libri” che provano… Che cosa provano? Forse quello che fu un tentativo, magari non felice nell’esito, di avviare un’azienda. Se non un aborto, una morte in culla. Questo sembra di leggere tra le righe di quelle registrazioni. Eppure, il misterioso Antonio Monti comprava e vendeva, diversificava, aveva un “giro” non solo locale, ma anche nazionale e addirittura internazionale. Quella ditta di commercio… commerciava, intermediava, rappresentava. Tuttavia, null’altro per i posteri che non siano poche pagine manoscritte in bella grafia e in bell’ordine. Un segno sbiadito di un esercizio economico di poche settimane che si può considerare come il fermo immagine di una pellicola andata perduta, della quale non si conoscerà l’inizio né la fine. Chi era, poi, l’uomo Antonio Monti? Neppure questo è dato a sapersi. Un nome tutto sommato comune, non biellese, ma comune. Un nome di copertura, un nome falso, se fosse, la sua, una vicenda contemporanea. Ma nel 1887, a Biella, una identità fasulla avrebbe avuto poco agio a muoversi tra imprenditori, banchieri, rappresentanti, artigiani ecc., tutti più o meno noti ancora oggi. E allora? Allora non rimane che dare un’occhiata al quaderno intitolato “Libri diversi” e a quello indicato come “Sfogliazzo”. Il primo risulta un insieme di “libri”, per l’appunto, ossia di capitoli di contabilità tenuta con scrupolo. Il secondo, con un’etichetta acquistata dal libraio Flecchia in copertina, è un tipico giornale di cassa: entrate e uscite quotidiane. La più parte delle note va dal 1° gennaio al 28 febbraio 1887, ma per qualcuno dei “libri” si arriva alla metà di maggio. Sfogliare i due quaderni induce a colmare i vuoti con la fantasia, a spostare l’attenzione dai dati storici a supposizioni che sfiorano il romanzo. Dove, come, quando, perché…? Chi, cosa…? Le troppe domande senza risposta mettono un po’ a disagio: davanti e/o dietro a questa meteora c’è qualcosa che non va nell’orbita. Un dramma? Un incidente? Un’inspiegata interruzione di una traiettoria commerciale e umana troppo breve… Ecco il romanzo in agguato. Allora ci si può solo imporre un distacco da storici e limitarsi a leggere, senza immaginare. Antonio Monti si muoveva bene nel settore tessile. Al 31 dicembre 1886 inventariò il suo fondaco e trovò giacenti 2.000 chilogrammi di lana greggia (valore indicato: 4 lire al chilogrammo), 50 di organzino di Piemonte (100 lire per), 600 metri di panno nero (10 lire cadauno), 80 pezze di tela d’Olanda (70 lire l’una) e 50 percalli “nazionali assortiti” (60 lire). In tutto, 27.600 lire. Aveva denaro in cassa, crediti ed “effetti da esigere” che ammontavano a più di 85.000 lire. Il passivo era contenuto a neanche 18.000 lire, il che significava che i conti tornavano più che bene. Nel secondo semestre del 1886, Antonio Monti aveva avuto un guadagno netto di quasi 2.500 lire. Nelle prime settimane del 1887 era entrata altra lana (per lo più tramite il rappresentante Giovanni Peruzzi di Biella), ma tutte le scorte erano state vendute entro il 23 di febbraio e con un significativo ricarico. Gli ultimi 800 chilogrammi a “Giuseppe Sella” (ovvero il Lanificio Maurizio Sella?). Lo stesso Sella aveva acquistato 20 chilogrammi di organzino. Tutto il panno nero era stato ceduto a due grossisti ebrei, Vittorio Sacerdotti e Abramo Jona. A questi, per altre commissioni, si aggiungeva Sansone Vitale, israelita a sua volta. Vendite vantaggiose senza dubbio, ma che si possono interpretare anche come la necessità/volontà di svuotare il magazzino. Quest’ultima impressione può essere smentita dall’acquisto che Antonio Monti fece di 200 metri di “pannolana bigio” il 2 gennaio 1887. Dieci giorni dopo, però, la partita fu venduta interamente al citato Sacerdotti. Entro il 17 gennaio fu ceduta anche tutta la tela d’Olanda e così i percalli. Il cliente di maggior peso, per entrambi i tessuti, fu il rivenditore di telerie Giuseppe Aimone. Quest’ultimo fu anche l’acquirente di un lotto di 25 chilogrammi di seta greggia acquistata dal commerciante biellese presso tale E. Gabino di Torino. Come detto, Antonio Monti aveva una certa varietà merceologica. Il 4 gennaio si era procurato 1.500 chilogrammi di zucchero della Martinica tramite la ditta Fratelli Penna (droghieri in via Umberto, successori del noto negoziante Gerolamo Rebora, originario di Larvego, Genova). E una buona parte era stata venduta nel giro di qualche giorno. Anche il caffè di Mokha, pure fornitogli dai citati Penna (360 chilogrammi) era stato piazzato in toto il giorno di San Valentino ai negozianti di commestibili Fratelli Rovere. Nel mese di febbraio un’ulteriore acquisizione di flanella da Giuseppe Sella (480 metri), per un terzo già ceduti al volo a un non meglio identificato C. Cerruti. Stessa situazione per i percalli inglesi, anche questi “assortiti”, che Antonio Monti trovava sulla piazza di Londra grazie al commissionario Joseph Morton. Anche le note delle uscite testimoniano una certa salute aziendale. Il commerciante aveva affrontato delle spese per sistemare gli scaffali del magazzino (falegname Biasetti). Non certo il gesto tipico di chi vuol chiudere bottega. Aveva pagato i suoi commessi e, in particolare, aveva rimborsato il commesso Menini per gli anticipi versati alle poste. La cartolibreria Giacomo Mersi gli aveva fornito alcuni registri. Aveva corrisposto quanto occorrente alla moglie per le necessità domestiche e lui si era concesso un abito nuovo dal sarto Paolo Magnetti. Il giro d’affari di Antonio Monti si estendeva anche al di fuori di Biella. In realtà non aveva molti clienti all’esterno del Biellese, ma in qualche caso i suoi commerci andavano oltre. Si trattava di transazioni ad ampio raggio, basate su cambiali, con cui era possibile spostare merci e controvalori semplicemente usando la normale corrispondenza postale. In questo senso, il ruolo di Antonio Monti era soltanto quello dell’intermediario. Il mercante genovese Gustavo Franzoni aveva spedito a Daniele Carpi di Ivrea un cospicuo quantitativo di olio d’oliva. Il commerciante biellese, che aveva rapporti assidui col collega ligure, aveva ricavato una percentuale sulla compravendita. Il medesimo Carpi acquistò anche un discreto lotto di zucchero della Martinica. Su un palcoscenico di maggior scala va segnalato l’affare dei percalli forniti a Henri Dubois di Marsiglia. Antonio Monti si era rivolto al fidato Mister Morton di cui sopra per procurarsi i tessuti e l’operazione era andata a buon fine con una rimessa su tale Henry Griff girata a favore di Joseph Morton. Dando seguito a un altro ordine del citato Dubois, sempre per percalli, Antonio Monti aveva ricevuto un credito di 4.000 lire esigibile al 20 febbraio 1887 da un certo Filippi di Mantova. Tale documento fu girato a favore di un veneziano di nome Alessandro Salviati, verso cui evidentemente il cedente era in debito. Ancora percalli, ancora per Monsieur Dubois. Ricevuta la commessa all’8 gennaio, effettuato il 21 gennaio l’acquisto di 100 pezze di percalli “nazionali assortiti” dalla ditta Bozzalla & C.ia di Biella per 6.200 lire totali (valuta a due mesi), applicato il 2% di commissione più le spese di spedizione dei dieci colli in cui la merce era stata imballata. La ditta Bozzalla & C.ia di Biella era praticamente in liquidazione (nel suo stabilimento, proprio in quell’anno, sarebbero arrivati i Fratelli Cerruti, costituitisi nel 1881) e, in effetti, quell’unica registrazione la riguarda. Antonio Monti utilizzava come istituto di credito d’appoggio la Banca Biellese, banca d’affari dei Sella nata nel 1869. La Ing. Gaudenzio Sella era entrata in esercizio nel 1886 quindi era po’ “giovane” e la Cassa di Risparmio di Biella non offriva servizi utili ai commercianti del tipo di Antonio Monti. Di tutto questi traffici, di tutta questa attività, di tutta questa vita, non è rimasto alcun segno. Nei primi giorni di gennaio del 1895, un cadavere fu recuperato in una roggia del Novarese. Fu stabilito che la morte era avvenuta per cause accidentali. L’annegato si chiamava Antonio Monti ed era un mediatore. Era l’uomo di cui si è appena tentato il “ritratto” desunto da due libri di contabilità commerciale?