Inventario
Oggetto
Mosè Bianchi, A mosca cieca / Rustico
Data: fine XIX sec.
bibliografia
datazione per contesto
Indicazioni sul soggetto
Cortile rustico con figure e animali. Sulla sinistra, appoggiate ai tralicci che sorreggono il pergolato appena visibile in alto, due contadinelle nel costume tipico. Di fianco a loro, verso il centro dell'opera, due pecore e una capretta che si dissetano presso un abbeveratoio in pietra. La parete del casolare con le porte in legno e le finestre con le grate, in parte colpita dal sole e in parte disegnata dalle ombre del fogliame del pergolato, chiude il dipinto sullo sfondo.
Il dipinto fa probabilmente parte del nucleo di opere acquistate da Enrico Guagno alla Quadriennale di Torino del 1902. Come si evince dai fascicoli periodici legati all'esposizione, il collezionista biellese compra in tale occasione alcuni dipinti di Calderini, Piumati, Signorini, Kiernek e due quadri di Mosè Bianchi: "Studio pel quadro - La mosca cieca" e "Rustico a Gignese". La nostra opera potrebbe essere identificata con il primo dei due dipinti appena citati, ipotesi confortata pure da uno dei titoli assegnati al dipinto nei documenti del museo. Un' etichetta sul retro del quadro indica, però, anche il diverso titolo di "Rustico Gignese", elemento questo che non pone necessariamente in discussione la nostra ipotesi, poiché, ad esempio, Bianchi realizza intorno al 1895 un'opera con il titolo "A mosca cieca", ambientata proprio nel Gignese. Va sottolineato che il riferimento a quest'ultimo dipinto - riprodotto alla tavola L in Marangoni G. 1924, di cui esiste un disegno preparatorio conservato presso la Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma (Biscottini P. 1987) - rimane tuttavia generico per la diversa impostazione del soggetto, nonostante il richiamo tra le figure delle contadinelle. La datazione al 1890-1899 si riferisce al periodo durante il quale Bianchi soggiorna a Gignese, vicino al Lago Maggiore, periodo che corrisponde agli ultimi anni di attività dell'artista, durante i quali egli "si riaccosta all'ambiente montano offrendoci gli estremi risultati di quella poetica del naturalismo lombardo, ancora imbevuta dell'alta lezione del Piccio" (Stivani P., 1988).