
Il “Bon Père” Léon Harmel e la sua breve esperienza biellese
da "Eco di Biella" del 14 aprile 2025
Quando, proprio all’alba del XX secolo, negli ambienti cattolici piemontesi e biellesi più progressisti e congressisti si sparse la notizia, non pochi devono aver pensato, se non proprio a una nuova era, almeno a una buona novella. Il “Bon Père” Léon Harmel veniva a Biella per portare, oltre a un cospicuo capitale, anche le sue idee da imprenditore pio, da padrone-filantropo cristiano. La fabbrica biellese di cui avrebbe risollevato le sorti sarebbe diventata una nostrana Val-des-bois. I giornali diocesani salutarono l’iniziativa con svariate colonne, celebrando quel socialismo cattolico alternativo a quello marxista. Nell’anno 1900 era morto Federico Boussu, titolare dell’opificio che tutti conoscono come Lanificio Alfredo Pria (la cui produzione è cessata da molti anni). L’azienda era stata fondata da Louis Benoît Boussu (Vienne, 1798-Biella, 1853) nel 1824 e, dopo il figlio Federico (1830-1900), toccò ai nipoti Emilio e Gustavo. Questi ultimi dapprima pensarono di cederlo in locazione, dimostrando, forse, di non essere pronti o di non avere lo spirito per proseguire sulle orme del nonno e del padre. Ma già nella primavera del 1901 maturò una imprevedibile e suggestiva ipotesi alternativa.
Pierre-Prosper Harmel, detto Léon (Neuville-les Wasigny, 1829 – Nizza, 1915), si propose come rilevatario della società non nascondendo di voler impiantare a Biella una “filiale” della sua “colonia democratico-cristiana”, con lo slogan “tutto pel popolo e per mezzo del popolo”, ovvero “tutto per l’operaio e per mezzo dell’operaio”. Ci sarà stato tanto paternalismo e quella quota di ipocrisia altoborghese che connota sempre e da sempre questo tipo di imprese a mezza via tra l’apostolato laico e il profitto, ma visti i tempi che correvano, molto meglio di niente. Della costituenda società si fece un gran parlare. Già in luglio, in tutto il Piemonte furono pubblicate inserzioni commerciali per invitare all’acquisto di azioni della anonima in formazione. Su “Il Corriere Eusebiano” (6 luglio 1901) di Vercelli si leggeva: “Sotto gli auspici del Bon Pére Leone Harmel si tenta una società anonima schiettamente cattolica e lombarda per l’esercizio della fabbrica di pannilana Federico Boussu in Biella, al ponte della Maddalena. Le 6000 azioni di lire 250 si sottoscrivono presso il banco Ambrosiano, e la sottoscrizione è aperta a tutto il 10 luglio”. Più precisa “L’Eco dell’Industria” del giorno seguente: “Léon Harmel di Reims, ben conosciuto fra di noi e che possiede importanti stabilimenti per la filatura della lana in Francia e in Spagna, sta costituendo in Italia una società per l’acquisto e l’esercizio dello stabilimento Boussu di Biella, il quale produce stoffe di lana di genere fino e principalmente quelle ad uso del clero. Auguri sinceri alla nuova istituzione!”.
Al momento della costituzione del sodalizio, anche i periodici nazionali di ispirazione cattolica, come “Il Buon Cuore, organo della Società Amici del Bene” diedero spazio alla notizia. Il 29 ottobre 1901, in Milano, fu sottoscritta la fondazione, approvato lo statuto e nominato il consiglio di amministrazione. Da “Il Crociato, Giornale cattolico del Friuli” di Udine, 5 dicembre 1901: Léon Harmel, presidente. Conte Stanislao Medolago Albani, vicepresidente. Consiglieri: Emilio Boussu, Gustavo Boussu, ing. cav. Cesare Nava, Andrea Erba, avv. Angelo Mauri. Sindaci effettivi: Cabella cav. Emilio, avv. Tovini Livio, Pennati ragionier Alessandro. Supplenti: dottor Giuseppe, Mauri e avv. cav. Ernesto Flaminio Bona. L’imprenditore dalla Marne era diventato il padre-padrone del Lanificio Boussu. Stranamente, o forse no, nessun biellese si era frapposto. Nemmeno i banchieri/lanieri Sella che, a ben vedere, avrebbero avuto anche motivazioni familiari, visto che Louis Benoît Boussu aveva sposato una sorella di Quintino. Forse, in termini strettamente finanziari, quella dell’antico opificio era una causa persa. In ogni caso, e, per arrivare al risultato, Léon Harmel si era dato da fare. Era stato lui stesso a cercare di convincere i potenziali azionisti con alcuni messaggi diffusi a mezzo stampa. Quegli scritti erano una miscela efficace di sana pubblicità e di persuasione ideologico-religiosa. Il 1° marzo 1901, da Val-des-bois, dichiarava che “già da lungo tempo noi eravamo stati sollecitati di interessarci, in Italia, in un lanificio e noi abbiamo ceduto a queste preghiere entrando a far parte dell’azienda dei Signori Emilio e Gustavo Boussu di Biella. Il passato che noi conosciamo di questi signori offre le migliori garanzie per l’avvenire” (uscito su “Il Corriere Eusebiano” del 14 settembre 1901). Il tono è gentile, ma neppure troppo tra le righe si legge che i Boussu lo avevano dovuto pregare e che, con la magnanimità dei grandi benefattori, il “Bon Père” si era degnato di… Il 16 settembre 1901, da Roma, ancora Léon Harmel scriveva: “molti mi chiedono schiarimenti ed informazioni sulla Società per Azioni che sta fondandosi ora per l’esercizio del Lanificio Boussu di Biella, la cui specialità è la fabbricazione dei panni neri di genere fino per il Clero. Rispondo ben volentieri a tali domande, perchè posso con tutta fiducia dichiarare che sono pienamente convinto della bontà dell’affare sotto l’aspetto industriale e commerciale; poiché un affare come questo che si fonda con buoni principii, abitualmente ed onestamente diretto, non può a meno di avere una riuscita eccellente. I proprietari attuali, che entrano nella Società quali amministratori-direttori con una forte somma d’azioni, son ben conosciuti da me e posso rispondere di loro, tanto sotto il rapporto delle loro attitudini tecniche ed amministrative che sotto quella della loro perfetta onorabilità. Come prova tengo a che si sappia che la ditta Harmel Fréres ha sottoscritto per una somma importante, ed io stesso ho fin d’ora accettato di far parte del futuro Consiglio di Amministrazione nel quale entreranno pure parecchi dei miei amici del Comitato Piemontese [Comitato di Resistenza Cattolica Piemontese, n.d.a.]. Come industriale, sono adunque persuaso che la Società non potrà che prosperare e quindi la raccomando a tutti gli amici cattolici, anche sotto il punto di vista morale, poiché noi non ci preoccuperemo solamente del rendimento industriale e commerciale del l’impresa, ma anche come in Francia a Val-des-Bois e qui in Italia a Fabriano, di migliorare la posizione materiale e morale degli operai, dando loro un indirizzo tale da sottrarli all’influenza perniciosa di principii che non possono che essere loro nocivi”.
Un manifesto politico con tutta la significativa opinione di sé che l’investitore francese aveva. Non è chiaro che cosa fosse stato sperimentato nella città marchigiana della carta, ma i criteri sarebbero stati i medesimi applicati anche presso la casa madre. Léon Harmel, già terziario francescano e apprezzato autore di opere come Manuel de la corporation chrétienne (1876) e Catéchisme du patron (1898), cui seguirà La démocratie dans l’usine (1907), si preparò a regnare e tutto lasciava presagire un futuro positivo, ma qualcosa andò storto. Viene da pensare che, con un po’ troppa sicumera o tracotanza, il “Bon Père” e i suoi sodali si siano presi la libertà di apostrofare con giudizi non lusinghieri i due fratelli Boussu, cui era affidata la direzione tecnica della fabbrica, i quali, per quanto limitati nell’agire dal nuovo assetto societario, si fecero valere e, nel settembre del 1902, querelarono il presidente Harmel e tutto il resto del cda (tranne l’unico altro membro biellese membro, ossia l’avv. Bona). La citata “colonia democratico-cristiana” si sciolse come neve al sole. I Boussu tornarono in possesso dell’azienda. Nel maggio 1903, a soli 42 anni, mancava ai vivi Gustavo, ma il fratello rimase al comando dell’azienda fino alla morte, avvenuta ai primi di giugno del 1911 quando aveva 52 anni. Entrambi, però, morirono con la soddisfazione di aver vinto la causa contro Monsieur Hamel e compagni, come dimostrato dalla dichiarazione riportata qui di seguito.